Destiny
di Maria Cristina Robb
Il sole del pomeriggio mi scalda la pelle, ma non riesce a sciogliere il gelo che mi porto dentro. Seduta a questo tavolino, guardo il giardino che si stende davanti a me.
A maggio è un caleidoscopio di colori, di suoni e di odori. Tutti i cespugli e i roseti sono in fiore e il profumo intenso dei tigli ti avvolge completamente, impossessandosi di tutti i tuoi sensi. Le rondini nel cielo si innalzano veloci, planano in picchiata e disegnano grandi cerchi e spirali, poi risalgono, su, verso le nuvole. Il canto degli uccelli sovrasta ogni altro suono, solo un trattore nel campo vicino riesce a penetrare nel loro denso tappeto musicale.
“Come sei fortunata!” mi dicono le amiche e io mi crogiolo nella loro invidia. Ho un bel marito, una splendida casa, un lavoro interessante e molto tempo libero per dedicarmi a ciò che mi piace. Cerco di ripetermelo, continuamente, e convincermi di come sto bene, di come sono felice. Ma dentro di me ho un buco nero che risucchia tutto, lasciandomi inerme e priva di emozioni. Seduta a guardare le mie rose, senza vederle.
Qualcosa di morbido mi sfiora una gamba. Un gattino tigrato si struscia contro la mia caviglia, miagolando sommessamente. Allungo una mano distratta a grattargli la testolina e poi, d’istinto, lo sollevo e me lo metto in grembo. La sensazione della sua pelliccia morbida sotto le mie dita sembra restringere il buio che mi attanaglia e mi illudo di poterlo sconfiggere, almeno per un istante.
Un lampo di luce intensa esplode sulle mie gambe e io vengo proiettata all’indietro con la seggiola. Serro le palpebre d’istinto. Un enorme peso grava sul mio petto e non riesco a respirare. Provo a tirare il fiato, a dilatare la cassa toracica, ma neanche un filo d’aria riesce a passare nei miei polmoni schiacciati.
“Guardami!”
Una voce imperiosa entra nella mia mente ed il peso sul mio torace scompare, lasciando lo spazio per inalare un gigantesco sorso di aria fresca.
Spalanco gli occhi e guardo la testa enorme di una tigre che mi fissa. È sopra di me, le zampe ai lati del mio corpo, gli occhi ferini inchiodati nei miei e le zanne scoperte dalle labbra arricciate.
Stringo d’istinto gli occhi: è un’allucinazione, un illusione, adesso sparirà!
E di nuovo il comando imperioso mi scuote la mente.
“Guardami!”
Riapro gli occhi e lo sguardo magnetico della belva mi imprigiona. Le iridi gialle sembrano creare un richiamo incantato e io rimango a fissarle ipnotizzata. Il nero delle pupille si dilata davanti a me, due profondi pozzi bui in cui precipito, privata di qualsiasi pensiero.
Sono ancora sdraiata con la schiena a terra e la seggiola sotto di me. Adesso sono immersa nel buio. Nessuna luce, nessun suono, il vuoto assoluto mi circonda. Solo un dolore lancinante e urente mi attanaglia le spalle e il petto. Mi tocco e mi accorgo di essere bagnata. Lunghi solchi paralleli mi lacerano la pelle, sanguinando sopra i miei vestiti. Probabilmente il marchio lasciato dagli artigli della tigre.
Mi sollevo seduta.
Una leggera corrente d’aria mi sfiora il viso e provo ad emettere un suono per capire dove sono. L’eco della mia voce risponde al mio richiamo. Intorno a me ci sono delle pareti, quindi.
Mi alzo e mi dirigo lentamente verso destra.
Allungo una mano davanti a me, brancolando cauta, un passo dietro l’altro e una superficie fredda e scabra urta contro le mie dite. Mi appoggio ad una parete e striscio lentamente verso il refolo di vento che continua a soffiarmi in faccia.
C’è un angolo e la mia mano incontra uno scalino. Avverto il fresco dell’aria sotto le dita e il mutamento della superficie che diventa liscia e tiepida. Continuo la mia avanzata e a tastoni trovo una maniglia. Provo ad abbassarla e a tirare, ma non si muove nulla. Incomincio allora a spingere, strattonare, scuotere, ma niente. La porta non si muove. Mi butto con tutto il peso contro di lei e provo ad aprirla a spallate e all’improvviso mi trovo riversa per terra al di là della soglia, travolta da un oceano di sensazioni che mi stordiscono.
Luci, rumori, odori, calore mi sommergono completamente come una gigantesca ondata di marea. Stringo gli occhi e cerco di respirare, mentre il dolore alle spalle si unisce a quello delle ammaccature della caduta.
Un passo leggero si avvicina e un lieve movimento mi trasmette la sensazione di una presenza vicino a me.
“Tutto bene?” chiede una voce profonda e musicale.
Io provo ad aprire gli occhi, ma la luce mi ferisce e non riesco a vedere chiaramente. Solo un alone nero, indistinto, mi dice che qualcuno è accovacciato vicino a me.
Tento ancora di aprire le palpebre. Pianio,piano gli occhi si abituano alla luminosità del giorno e riesco a vedere finalmente chi mi è di fianco.
Seduto sui calcagni c’è un uomo, nero come il buio che mi sono lasciata dietro.
Mi scruta con due occhi scuri, venati di pagliuzze dorate, e il lampo di un sorriso fa baluginare il bianco dei denti come un flash.
“Tutto bene?” ripete e io riesco solo ad annuire.
L’uomo è vestito come un selvaggio. Il torace nudo e i fianchi cinti da un corto gonnellino. Al collo porta una gorgiera di metallo grigio, tempestata di piccole pietre azzurre e lo stesso motivo si ripete nelle alte cavigliere e nei monili che gli circondano i polsi. I cappelli intrecciati fittamente sono raccolti in un massiccio chignon, alto sulla testa, trattenuto da un fermaglio circolare alla base, identico agli altri ornamenti.
Provo ad alzarmi e un piccolo gemito mi esce dalle labbra.
Lui allunga una mano per sfiorarmi i lunghi graffi sulle spalle e mi guarda comprensivo. La carezza delle sue dita, poi, si fa più attenta e una sensazione di calore si diffonde sulle ferite. Sussulto a quel contatto e istintivamente cerco di sottrarmi. Ma mi accorgo anche che il dolore lancinante si attenua, e lascia dietro di sé solo una lieve pulsazione. Mi rilasso e sospiro sollevata, sorridendogli in risposta.
Mi porge una mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.
“Dove siamo?” gli chiedo.
“Questa è la Foresta della Soglia.” mi risponde con la sua voce flautata.
“La Soglia di cosa?”
“La Soglia di Destiny, il mondo creato dall’immaginazione degli uomini.”
Mi sorride e mi porge un frutto rosso.
Lo assaggio cauta e il sapore dolce ed intenso mi manda un brivido di beatitudine lungo la schiena.
“E tu chi sei?” gli chiedo, mentre mi succhio le dita per non perdermi neanche una goccia di quel paradiso.
“Sono un Guardiano. Aspetto i visitatori e gli faccio da guida.”
Mi invita a seguirlo con la mano e ci incamminiamo dentro la foresta, piena di strani alberi colorati carichi di frutti dall’aspetto invitante. Grandi fiori carnosi pendono dai rami, riempiendo l’aria di profumi esaltanti e sul sentiero cespugli ed arbusti dalle forme più strane ci costringono a diverse deviazioni.
La vita brulica tutta intorno a noi. Un ronzio continuo crea un sottofondo armonico alle diverse melodie che escono dalle chiome. Fischi sonori, suoni stridenti, uno strillo acuto e una cascata di note gorgheggiate, tutto sembra fondersi in un’unica musica per celebrare la gioia dell’esistenza.
Uno strambo volatile, con lunghe piume blu elettrico e il muso appuntito di un furetto, si appoggia sul bracciale del guardiano. L’uomo gli accarezza la testa e l’animale ronza sommessamente di piacere. Poi torna a spiccare il volo, librando in aria la lunga coda piumosa che si muove al ritmo delle sue ali.
Arriviamo al limitare della foresta.
Davanti a noi si stende una sterminata prateria erbosa, punteggiata di grandi cespugli, anch’essi carichi di frutti e fiori multicolori.
“Adesso puoi scegliere anche tu.” mi dice il guardiano e con un ampio gesto della mano indica tutto il mondo davanti a sé.
“Cosa dovrei scegliere?” gli chiedo.
“Se andare o restare.”
Mi guarda con un’aria di attesa negli occhi.
Andare o restare dove?
Il mio sguardo gli rivolge una muta domanda.
Lui sorride apertamente e si volta verso l’orizzonte.
“Andare o restare qui!” rivolgendosi nuovamente allo spazio aperto davanti a noi. “Se resterai ti porterò sulle spiagge del Mare Turbolento, dove ogni gorgo ti conduce verso un mondo differente. Visiteremo il deserto delle sabbie verdi, nato dalla Foresta Eterna polverizzata dalla Dea per stanare i suoi nemici e dove vive un saggio drago d’argento. Abiteremo nella Città dei Mille Sospiri, costruita sul fianco della Montagna di Madreperla, dove il vento passa dalle finestre e dai camini creando una melodia continua, come le canne di un organo gigantesco. Scaleremo i Picchi dell’Arcobaleno che assorbono la luce del sole e la irradiano sulle valli circostanti, come un gigantesco mantello multicolore. Ti porterò ancora più lontano, se deciderai di restare, a vedere tutto quello che l’immaginazione può creare e a dare vita tu stessa a mille altri mondi fantastici.”
Si gira e mi guarda con occhi luminosi e sognanti porgendomi una mano, come per invitarmi.
Non ho esitazioni. Gli allungo la mia e lui mi conduce fuori dal fitto degli alberi.
Un fischio acuto richiama due poderosi animali che ci raggiungono al limitare della foresta.
Due enormi tigri si fermano davanti a noi ed il guardiano mi aiuta a salire in groppa alla più grossa. Io tremo dalla paura, ma il contatto con il calore di quel corpo potente mi rasserena.
“Tieniti stretta!”
Dentro la mia mente si formano le parole e riconosco il tono deciso della fiera che mi ha portata qui. Io mi stringo forte al suo collo e appoggio una guancia su quella morbida superficie.
La tigre parte con grandi falcate verso l’orizzonte, mentre l’euforia del viaggio esplode dentro di me. Il potere dei suoi muscoli sotto le mie gambe, il vento sferzante tra i capelli e il contatto con il soffice pelo dorato scacciano definitivamente il vuoto che mi sono portata dietro.
Il giardiniere stava distribuendo il veleno sulle rose quando si accorse della donna riversa a terra.
Era sdraiata con la schiena a terra, la seggiola ancora sotto di lei. Due lunghe strie insanguinate le solcavano le spalle, scendendo a creare due sentieri cremisi che conducevano fino al seno. L’uomo le toccò la mano gelata e comprese che se n’era già andata.
L’unica cosa che non sarebbe mai riuscito a dimenticare era il sorriso sereno che le aleggiava sulle labbra, come se la fine fosse stata accolta come una grande amica.
Edited by Mariodm93 - 1/8/2011, 15:16